Sulla riforma Gelmini

Che cosa nasconde il groviglio di parole prodotto dal decreto Gelmini? Davvero la posta in gioco è costituita dal grembiulino, dal voto in condotta, dal maestro unico, dalle classi speciali o ponte? E a queste ‘trovate’, giustamente, sono state aggiunte le sforbiciate più o meno pesanti ai finanziamenti per la scuola, l’università e la ricerca della finanziaria estiva. Le parole del decreto rivelano le (buone?) intenzioni del ministro e della sua maggioranza, ma cosa non dicono, velano, occultano? Non c’è bisogno di scomodare il Roland Barthes de Le Degré zéro de l’écriture, 1953, per scoprirlo. E’ sufficiente riflettere sull’etimologia del termine ‘decreto’. Dal latino de – cernere, separare.
Gli studenti, i docenti, le famiglie hanno cominciato a rendersi conto che dietro le parole del decreto ci stava la scuola della ‘separazione’, strumento indispensabile per costruire o giustificare una società della ‘separazione’. Perciò, fine della società (e della scuola) dell’accoglienza e dell’integrazione.


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