Itaca Errante

Regia: Alessandro Santoro
Regia Multimediale: Antonio Rollo
Coreografie: Elisabetta Leuzzi

con Giorgio Monticchio, Salvatore Cazzella

“Itaca”, prima di tutto, è il luogo dove possiamo confrontarci (metterci di fronte) con le diversità, le alterità.
E’ il luogo, cioè, dove possiamo mettere in scena, sulla scena, gli altri, i diversi da noi, per osservarli meglio.
Ma anche, e contemporaneamente, il luogo dove possiamo cominciare a riconoscere le alterità e le diversità che sono in noi; le stesse che avevamo collocato di fronte.
“Itaca”, allora, è il luogo delle mille partenze che ripiegano in mille ritorni, nostoi. L’orchestra, tangente alla skenè, la scena, dove si producono strofe e dove la nostalgia, il desiderio struggente del ritorno, costringe i percorsi a piegare, a diventare, piega su piega, nodi, intrecci, storie scompigliando la retta che congiunge la nascita alla morte, l’inizio alla fine.
E mentre rallenta la corsa ci permette di far fermentare e distillare sentimenti e pensieri.
E costruisce senso, fragili nidi di senso nelle strofe della vita.
Potremo sentire, allora, risuonare gesti in disarmoniche armonie.
E vedere suoni che si compongono in delicate forme d’inusuale bellezza.
“Itaca” è un’isola che stava prima della polis e che, galleggiando a fatica sui rivoli marginali della Storia – quante volte ha rischiato di sprofondare! –, sarà dopo la metropoli.
E’ l’isola galleggiante dove hanno trovato rifugio le memorie delle sirene, di Scilla e Cariddi, di Circe e Polifemo.
E’ l’isola di Nessuno che diventa Ulisse quando le storie, tessute dalla memoria, diventano la sua storia. Odisseo è “colui che conosce errando”.
“Itaca” è l’isola della metafora e della metamorfosi. E’ il regno governato da un’unica certezza: la vita è un groviglio d’incertezze che ogni giorno cerchiamo di dipanare.
Certamente non sarà facile convincere gli abitanti della terraferma a salire su di un’isola galleggiante, dove tutto è instabile: i pensieri, le azioni, le emozioni. Non sarà facile sgretolare i muri costruiti dall’assistenzialismo, dal medicalismo, dallo specialismo. La disabilità come malattia si è offerta indifesa allo sguardo medico. La disabilità come incapacità si è offerta indifesa alla mano dell’assistente, dell’insegnante, del tecnico della riabilitazione; anche alla tecnologia come protesi. La diversità come irruzione dell’ignoto si è offerta indifesa al legislatore e al poliziotto.
Quanti sono e chi sono i proci che vogliono mangiare il cuore di Itaca?
“Itaca” è il luogo dell’utopia, alla lettera, del non luogo. O di tutti i luoghi, cioè lo spazio scenico. Lo spazio definito dove possono essere rappresentati tutti gli spazi e tutti i tempi. Il non luogo, allora, dove ci si nasconde per mostrare, ci si maschera per smascherare…ci si trasforma per trasformare gli altri, il mondo.

Date
Centro per l’Integrazione ITACA, Lecce, Maggio 2005
Cantieri Teatrali Koreja, Lecce, Giugno 2005
Villa Comunale, Muro Leccese (LE), Agosto 2005
Giornata del Teatro, Saletta della Cultura, Novoli (LE), Ottobre 2005

Si sporse dal parapetto del silenzio
E fece urlare i segni di una mano
-non voglio carrozzelle-aveva scritto
scuotendo appena il pulviscolo dell’aria
raccontatemi storie, tante storie
perché io possa alzarmi e camminare
per valli, per deserti e per il mare

Nostra patria fu il sagrato delle chiese
Lì facevamo il teatro dell’orrore
La sinfonia delle deformità
Ma più deformi erano le mani
Le vostre mani
Che frugavano in tasca per cercare
Un piccolo soldino di pietà

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