Dedicato a Rina Durante. di Alessandro Santoro

Dedicato a Rina Durante, scrittrice, giornalista, politica, amica. Zia.

Ciao zia Rina,
scusa se ti scrivo in questa situazione. Tu non ci sei più. Ed io mi sento molto triste.
Non sono triste per te si intenda.  Sei un folletto, lo hai detto tu, ed i folletti non muoiono, non farebbero mai una cosa così triste. Oltretutto a Natale.
A Natale si nasce non si muore.
Sono triste perché vorrei scrivere di te e non vorrei usare quei toni che tu hai sempre odiato, cose dal sapore nostalgico, lacrimevole.
Vorrei  raccontare una sola delle innumerevoli storie che mi legano al tuo ricordo, così come hai cercato di insegnarmi. Da professionista della parola, da scrittrice. Quella specie strana di essere umano che vive la sua vita, attraversa quella degli altri e restituisce vocali, consonanti, parole, frasi.
<<Digerisci Alessandro, digerisci! Non scrivere mai quando l’emozione ti travolge. Scriveresti cose per nulla interessanti. Autoreferenziale, questo sei!>>.
E tra le mille cose che in questo momento si dicono di te, chi è Alessandro che parla di Rina Durante? Ci saranno i tuoi tanti amici, i giornalisti, gli editori e la politica tutta in pompa magna. Ci saranno gli esperti che proveranno a restituirti la gloria che meriti. Là nell’olimpo dei grandi forse non c’è posto. Ma un posticino vedrai verrà fuori.
Di cosa posso parlare allora? La Durante militante, comandante di barca, contadina, viaggiatrice, zia, scrittrice, regista, attrice, professoressa… troppe cose Rina Durante sei ed io non ho la forza ancora per ricordare senza sentirmi male.
Una sola cosa possa adesso raccontare.  Posso raccontare la mia Rina Durante. Quella che mi ha fatto da madre- padre- sorella. Una famiglia al completo, insomma, questa è la mia Rina.
La madre tenera e apprensiva, il padre severo e rompiballe, la sorella complice e sferzante.
Posso raccontare dei tormenti scolastici.
La mia professoressa di Italiano che non mi metteva mai più di sei ai compiti in classe. E allora io tornavo a casa disperato e non vedevo l’ora di vederti, per portarti la brutta copia, per  sentirti inveire sulla mia professoressa ignorante. Per sentirmi forte. Per sentirmi anche io un po’ scrittore.
E da allora ti ho inviato tutti i racconti… pochi in verità, molti ne cancellavo, temendo una tua critica furibonda.
Potrei raccontare ogni singola parola, ogni singolo colore, con qualche sforzo anche gli odori. Potrei ricordare tutto di te e potrei far piangere il Salento intero se lo volessi, o potrei chiamare giù gli dei dell’Olimpo e farli piangere intonati al frastuono dei commenti, potrei, al limite, chiamare decine di prefiche e farti cantare una nenia funebre da creparsi dalle risate, potrei buttar giù parole a fiumi o inventarne delle altre, potrei, forse, invocare il cielo e tormentarlo così tanto da farti restituire ai tuoi cari.
Potrei ritagliare i tuoi racconti e incollarli sui muri di ogni via, sulle porte di ogni casa, potrei personalmente prendere a calci in culo tutto quelli che non hanno ancora letto i tuoi libri.
Oppure potrei non fare nulla, potrei non scrivere nulla e potrei incasellarti nel capitolo: autori del novecento. Potrei farti a pezzi come faranno i critici e dividerti in tanti periodi: neo realista, decadente, rosa, azzurro, o non so cosa.
Potrei dire che il dolore è immenso e non si può scrivere in queste condizioni, ma ti farei un torto enorme.
O potrei fare come quelli  che sono Salentini solo allo  Stadio, o quando c’è la televisione. Quelli che comprano la maglietta con la scritta Salento e vanno all’estero orgogliosi. Si, potrei fare come quelli che Vittorio Pagano, Vittorio Bodini… ma chi cazzo sono, mentre delle gemelle Lecciso so tutto.  Quelli che Salento d’amare mentre gli anziani muoiono soli con le loro storie.
E potrei ballare dieci mila pizzziche, farmi morsicare da altrettante tarante, andare in trans ballando la techno-pizzica…
Potrei fare come tanti che dimenticano e passano avanti.
Già, passare avanti… ma rispondi almeno su questo Rina: ma se dopo di te dimentichiamo, avanti cosa rimane?

Tuo Alessandro