Cronache dal fronte sanitario IX

di Luigi A. Santoro

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E infatti ritorno nella stanza a cinque letti col ‘pinguino’ sferragliante.
Per fortuna il ritorno coincide con le dimissioni di due pazienti. Rimaniamo in tre. Di fronte al mio letto un mio compaesano col quale ho condiviso, una quarantina di anni or sono, alcune stagioni di calcio dilettantistico. Comincio ad apprezzare la professionalità del personale paramedico. Malgrado i turni massacranti, le infermiere riescono ad affrontare le situazioni più difficili anche con un sorriso. E i ‘portantini’ riescono a trasportare i pazienti nel reparto di radiologia su carrozzelle che paiono risalire al secolo scorso e che rischiano, ad ogni increspatura del pavimento, di scodellare il trasportato in mezzo al corridoio. Persino gli allievi del corso infermieri stanno imparando che bisogna far fronte a qualsiasi emergenza. Un’infermiera ha anche l’hobby del canto e vorrebbe recitare con un gruppo teatrale del suo paese.
Nei sette giorni che trascorro nella stanza a cinque letti, di cui solo tre occupati, faccio via via conoscenza degli altri medici che compongono l’equipe di cardiochirurgia. Sono quasi tutti di origine napoletana. Mimmo Rocco è una simpatica canaglia: battuta pronta, sguardo intelligente, si occupa dei pazienti con brusca attenzione. Di lui mi aveva parlato un collega quando, per l’equipe guidata dal dott. Massimo Villani, aveva fatto delle riprese di un intervento al cuore. Il dott. Scotto ha il viso incorniciato da una corta e rada barba ed è la quintessenza della misura e dell’equilibrio. Mi sembra quello che si trova meno a disagio ad intervenire lontano dalla sala operatoria. La dottoressa Cazzato è salentina di ritorno, ha un sorriso rassicurante e interessi anche in ambito artistico. Parliamo di Bob Wilson. Devo a lei il recupero di un rapporto più equilibrato con il decorso post operatorio. Il dottor Fellini condivide il cognome con il più grande regista cinematografico italiano. Ma lui è un cartone animato. Dopo essere stato coprotagonista della famosa notte di tregenda nella stanza ‘forno crematorio’, ha il merito di liberarmi della sonda pleurica e dei vari drenaggi, ridandomi così un altro livello di qualità della degenza.
Intanto i medici del reparto di emodinamica vengono a trovarmi quasi giornalmente. Tutti sono positivamente impressionati dalle mie capacità di recupero. Oggi, 10 luglio, è venuto a trovarmi il chirurgo che mi ha operato, il dottor Zaccaria. Ha un viso alla James Dean, parla lentamente e sta per andare in ferie. Prendiamo appuntamento per la visita di controllo. Mentre guarda l’agenda, l’osservo attentamente. Sono state quelle mani che hanno tagliato e ricucito le mie coronarie. Vorrei chiedergli dell’intervento, delle sensazioni di chi quotidianamente agisce sul filo sottile che separa la vita dalla morte. Non chiedo. Mi appoggio sulla sua tranquilla lentezza.