RIFERIMENTI GENERALI: Itaca, il teatro dis- Abile. di Elisabetta Leuzzi

RIFERIMENTI GENERALI: Itaca, il teatro dis- Abile
Note: riporto qui di seguito il testo dell’Ultimo Spettacolo della “compagnia Itaca Errante”, svoltosi a Novoli il 31 Ottobre 2005, scritto dagli “attori dis- Abili” di Itaca:
Lo spettacolo : “Disabilmente. L’Itaca Errante” andrà in scena a Novoli il 31 Ottobre in forma ridotta perché qualcuno ci ha tagliato la gola così per riderci su…
Inizia così lo spettacolo, inizia e finisce.
Il diario di un viaggio, appunti di memorie condivise. Frammenti di emozioni in gesti articolati.
Itaca era un progetto realizzato dall’Università di Lecce d’intesa con il Comune di Lecce. Itaca era innanzitutto uno spazio dove diversamente abili, studenti, insegnanti e genitori si incontravano dentro la disabilità.
Il teatro era un bel gioco. Le regole saltavano e i ruoli si spezzavano.
Itaca è l’isola dei sogni, dove non conta come sei fatto, cosa sai fare ma cosa sei disposto a dare.
Tra un gioco e l’altro abbiamo cercato storie da raccontare, vite da intrecciare. Poi ci siamo accorti che non c’era nulla da inventare e allora ci siamo messi in gioco. Abbiamo preso le nostre incapacità e le abbiamo trasformate in abilità.
L’Itaca Errante ci ha fatto sentire attori. Abbiamo costruito un isola accogliente che ci ha portati in festival in giro per il Salento e l’Italia.
Poi il gioco è finito.
Itaca ha tolto l’ancora.
Il teatro ce l’hanno portato via.
E noi non sappiamo dove giocare.
Il comune ha chiuso la convenzione.  Perché gli handicappati che fanno teatro non sono più handicappati e allora a cosa serve un centro per handicappati senza handicappati?
Siamo tornati ad essere i disabili che giocano al teatro.

Allora ce ne siamo andati. Alla ricerca di un’altra Itaca, un nuovo porto.
Abbiamo deciso di fare uno spettacolo che non è uno spettacolo. Un teatro che si fa beffe della finzione.
Abbiamo deciso di recitare noi stessi.
“L’Itaca errante” è quello che noi siamo. “L’Itaca errante” è il nostro teatro rubato.
Il nostro gioco, esattamente così come l’abbiamo vissuto.
Un modo per ricordarci come era.
Un modo per far sì che sia ancora.

A Novoli andrà in scena l’ultimo spettacolo. Stanchi di navigare in mari inospitali. I passeggeri ringraziano.
Al pubblico che ha avuto modo di vederci diciamo grazie per gli applausi. Ci siamo divertiti insieme. Ma per noi, ora, non è più un gioco.

Firmato, ancora per una volta, gli Attori: Alessandro Santoro, Giorgio Monticchio, Salvatore Cazzella, Elisabetta Leuzzi.

Al presente lavoro è allegato un video che prova a tracciare le linee guida del progetto “casa- ostello” di Itaca. Vasta documentazione è, inoltre, reperibile presso il Centro per l’Integrazione dell’Università di Lecce e la cattedra di Storia del Teatro, vi è inoltre un video- documentario dal titolo “L’Itaca galleggiante”, a cura dello S.T.A.M.M.S.

Il progetto di una casa- ostello per normodotati e diversamente abili è stato solo il punto di partenza per il nostro teatro. Dopo poco, con gli ospiti di Itaca siamo diventati amici. Avevamo sognato di fare una compagnia tutta nostra, avevamo sognato di fare gli attori, avevamo sognato…
Ad Itaca, molti di noi, hanno incontrato il teatro, quello fatto con le nostre pieghe, quello che scava nelle nostre piaghe, ad Itaca molti avevano trovato un’isola accogliente priva di tutti gli sguardi specialistici che ogni giorno ci attraversano. Ad Itaca ho visto nascere una vera comunità solidale, ho incontrato molti amici.
Purtroppo Itaca era solo un progetto sperimentale, non si è voluto approfondire lo studio, provare a spiegare perché il teatro facesse apparire i disabili abili e gli abili disabili? Non ha importanza, la strada da percorrere è ancora tanta ce ne siamo accorti proprio nell’ultimo spettacolo, quello a cui si riferisce il testo ed alcune delle immagini allegate alla presente tesi, se consideriamo che, ad oggi, 7 mesi dopo lo spettacolo, il comune di Novoli non ci ha nemmeno pagati (e non nutriamo grosse speranze per il futuro!) … come dire: “alla faccia dell’integrazione!”.

Il diario di bordo

“ Oggi abbiamo provato lo spettacolo dei sonnambuli,
poi abbiamo fatto il gioco dello specchio,
abbiamo pianto, abbiamo riso,
abbiamo inseguito e soffiato una piuma.
Salvatore ha interpretato una poesia, con le parole e con il corpo”
(  Serena Spagnolo)

“ Io vivo per Serena…
Io vivo sulla luna…
Io vivo nella generosità…
Io vorrei vivere sereno…
Io vivo per i miei cari…
Io vivo per la natura…
Io vivo di sogni…”
(Simone Togliatti)

“ Noi Viviamo…
io vivo su una barca a vela…
io vivo di forti emozioni …
io vivo per essere attore…
io vivo circondato dall’amore…
io vivo nella sincerità…
io vorrei vivere camminando da solo…
io vivo con il desiderio di poter lavorare…”
(  Giorgio Monticchio )

“ Io vivo perché attraverso le poesie esprimo tutte le mie emozioni…
Io vivo con la paura di rimanere senza i miei cari…
Io vivo perché ogni mattina mi sveglio…
Io vivo nell’inquietudine…
Io vivo perché esisto…
Io vivo suonando le note di una pianola…
Io vivo con la paura di rimanere senza i miei cari…
Io vivo nella speranza che un giorno, possa alzarmi dalla sedia e camminare…
Io vivo condividendo la mia sofferenza con qualcuno, affinché un giorno, possa diventare gioia…”
( Claudia Tarantino )

“ Il laboratorio teatrale inizia a piacermi, perché esiste un gruppo,
perché si  collabora insieme, perché esiste un’ intesa forte.
C’è Alessandro che è un buon professore di teatro, poi c’è Elisa,
una brava e buona collaboratrice di lavoro.
I disabili sono i protagonisti assoluti del teatro del 2005!
Chissà se diventeremo dei bravi attori teatrali,
dei professionisti del teatro.
Il nostro laboratorio sa gestire le nostre decisioni,
ci fa dialogare con le nostre emozioni.
A me, il teatro, mi rilassa psicologicamente.”
( Simone Vigliatti)

Itaca, ha la voglia di eliminare il pregiudizio perché  “c’è molta più poesia nel gesto di un disabile normale, di quanta ne può esibire un professionista” .
E’ per questo che la frase di Mejerchol’d  “ il teatro è l’arte dell’uomo”ha senso solo se “il teatro tratta dell’uomo. Parla di lui, discute di lui, narra di lui, esplora le sue profondità, insegue le sue altezze e lo fa   per mezzo dell’uomo. Come posso parlare  con questo di questo io? Come posso, con questo io catturare le profondità di questo io, la sua essenza? Come può questo io creare i racconti, essere in quei racconti che crea, ed esserli, quei racconti?”