Grande successo di “DEEP TRANSITION” al Festival del Cinema di Tirana.

TIRANA

“Deep transition”
riceve il premio dei Media per l’edizione del 2008 del festival internazionale di cinema di Tirana, il documentario dei registi Gabriele Pedone ed Ervis Eshja ha incontrato un enorme interesse durante l’edizione del festival, come dimostra la motivazione che la giuria ha dato per l’assegnazione del Media award,: “immagini che nella loro semplicità assumono una carica emotiva intensa che le rendono perfette. In uno scenario post moderno, le inquadrature assumo un sapore pasoliniano.”.
Il documentario italo albanese realizzato col contribuito dell’assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia, si è avvalso della preziosa collaborazione del direttore alla fotografia Florian Haxhihyseni e, per il montaggio di Mattia Soranzo.
Deep transition è un viaggio in treno attraverso l’Albania, con i suoi profumi, le visioni ed i colori, ma è anche un viaggio attraverso una condizione sociale post moderna, un paradigma del futuro dell’Europa.
“La condizione sociale è importante in un film, e il cinema del reale non può prescindere da essa”, come hanno dichiarato alla tv nazionale albanese (vizion plus) i due registi.
Per questo motivo, raccontare è un compito impegnativo quant’altri mai.
Raccontare un paese, paese nuovo, paese novità, paese sorpresa di cui le cronache “orientate” dei mille gazzettieri interessati (interessanti quasi mai, pennivendoli quanti sono al servizio del notizionismo omnicomprensivo ) ci hanno spesso presentato un ritratto miserevole e parziale.
Raccontare il volto, l’atmosfera, il puzzo di sudore della gente che vive e che deve muovere il culo per vivere e sopravvivere: compito immane, da far tremare le vene, da far bruciare gli occhi nello sforzo di osservare una realtà immaginata, forse, appresa capita…carpita certamente no, o meglio certamente non ancora, non a quel primo sguardo ansioso che allo sbarco non riesce ad abbracciare tutto il visibile, il godibile, il conoscibile e che vorrebbe invece tutto conoscere, godere, immagazzinare.
Raccontare senza lasciarsi prendere dalla frenesia delle immagini inconsuete e pure già previste dentro di noi che ce le portiamo dietro dall’infanzia e dai ricordi del vivere quotidiano.
Raccontare con immensa pazienza, con calma, con grande rispetto delle immagini che vorrebbero probabilmente rovinarci addosso con la loro bellezza rutilante, che vorrebbero sommergerci di suoni, di colori, di domande inespresse.
Immagini bloccate, abbacinate di luce e di silenzi, immagini ferme, attente, desiderose di mostrare quello che c’è dentro il paesaggio, dietro l’inquadratura, sui volti, negli occhi e al di là dei sorrisi. Trovare una tale consapevolezza in chi si affaccia da così poco tempo sul terrorizzante baratro del racconto per immagini è, a dir poco, straordinario. E fa bene al cuore.