Cronache dal fronte sanitario XI -i servizi segreti-

Beh, la vita in clinica non è molto differente da quella dell’ospedale. E’ la stessa con un leggero travestimento da vita d’albergo. Per me il cambiamento s’è tradotto in una stanza a due letti – ho ritrovato il mio capitano della squadra di calcio Pippi De Giorgi – e nell’impossibilità di dormire per quattro ore filate. Tutta colpa dell’assenza del Pinguino sferragliante che nella stanza dell’ospedale Vito Fazzi copriva tutti gli altri rumori. Qui se mentre dormo ho il respiro un poco più pesante mi sveglio da solo e m’incazzo pure. Insomma, non dormo più; dormicchio e veglicchio. E in questa specie di limbo della coscienza vedo comparire infermiere sorridenti colla divisa bianca e lo sguardo oscuro. Quelle con lo sguardo più scuro sono le operatrici sanitarie ausiliarie, assunte con contratto a tempo. Quelle con lo sguardo nero lavorano in nero, sotto pagate, senza alcuna garanzia e assicurazione nei servizi dati in appalto come il servizio mensa. Ma possono essere convenzionate col pubblico aziende che praticano il lavoro nero? Bah, misteri di questa Italia del terzo millennio.
E, a proposito di misteri, sentite questa. Verso le 22, 30 del secondo giorno di permanenza nella casa di cura Petrucciani ricevo una visita inaspettata. Intanto perché fuori dall’orario di visite e, soprattutto perché si tratta di un mio lontano parente che lavora nei servizi segreti. O, forse, ha lavorato nei servizi segreti. Un parente che avrò incontrato non più di una ventina di volte in quarant’anni e nella maggior parte dei casi in occasione di funerali di comuni parenti.
Tenta di cancellare il mio sguardo interrogativo dicendo che era andato a far visita ad una signora che aveva partorito, sorella della moglie del più piccolo dei suoi tre figli. Insisto chiedendogli come ha fatto ad entrare in un reparto dove per ragioni ovvie – proveniamo praticamente tutti da interventi al cuore e dintorni. Mi dice che la porta del reparto era aperta e che comunque se avevo voglia di scambiare quattro chiacchiere potevamo spostarci nel salottino del piano terra. Perché, no? Il mio compagno di stanza russa alla grande e non prevedo interventi terapeutici prima delle 6 di domani mattina. Nel corso della mezz’ora di chiacchierata è passato solo un medico che conosco molto bene, ma non mi ha salutato, anzi ha fatto finta di non vedermi, forse perché era in ritardo. Il parente lontano X, Y mi chiede di tutti i passaggi che mi hanno portato all’intervento sulle coronarie. Sono sintetico ma esaustivo. Poi gli chiedo se è già in pensione.
“Si, come può essere in pensione uno che fa il mio mestiere!” Non sono mai riuscito ad avere con questo individuo un discorso senza ombre e doppi sensi. Provo con un assalto a bruciapelo: “Certo che con questa storia delle escort, delle Patrizie e dei Tarantini che entrano ed escono dalle residenze del capo del governo, tu e i tuoi colleghi non ci fate una bella figura!”
X, Y si morde le labbra. Ho l’impressione di averlo centrato alla bocca dello stomaco.
“Se il Berlusca è diventato lo zimbello di tutta la stampa mondiale – lo voglio fare a pezzi! – voi spioni che vi fate spernacchiare da fanciullotte di facili costumi e incontrollabili ambizioni siete finiti davvero nella cacca. Meno male che tu sei fuori!”.
La risposta è, come al solito fumosa. Meglio: un tizzone sul fondo e nuvolaglie di fumo intorno.
“Fosse dipeso da me non avrei permesso per nessuna ragione questa proliferazione di sosia. Forse l’idea di partenza è stata Sua, ma deve aver ricevuto l’applauso di qualcuno di questi sapientoni alla Ghedini.”.
Ho capito che il tizzone sta dietro il termine ‘sosia’. Il resto è fumo.
“Il presidente allenatore, il presidente imprenditore, il presidente operaio…la proiezione del proteiforme nell’immaginario da parte di Berlusconi è stata la sua carta vincente…”
“No, non sto parlando di sosia immaginari, sto parlando di persone reali. Non ti so dire se la cosa è nata ai tempi dei sosia di Saddam Hussein. Ma anche il Nostro cominciò – almeno così mi è stato riferito – a smaniare che voleva un esercito (piccolo, si fa per dire) di almeno dieci sosia. Effettivamente i primi due pare abbiano funzionato alla perfezione. Erano, infatti, gestiti direttamente dal Capo e impiegati in situazione estremamente marginali. E’ stato quando i suoi collaboratori hanno preteso di avere ciascuno il suo sosia Berlusconi che la situazione è finita fuori controllo. I sosia hanno acquisito un’autonomia e una libertà d’iniziativa che ha fatto impazzire l’intero sistema. L’immagine del marito fedele e dell’attento padre di due famiglie poteva reggere fino a quando si trattava di paterne attenzioni nei confronti di figlie di amici e conoscenti, ma quando il sosia satiro metteva in atto orge e festini con professioniste e magnaccia che poi pretendevano ricompense a livello di carriera nel mondo politico o in quello dello spettacolo tutto il sistema della sicurezza è entrato in fibrillazione e siamo precipitati dentro la torre di babele. Dichiarazioni e smentite, smentite delle smentite Basta ripercorrere le vicende degli ultimi due mesi per rendersi conto che un Berlusconi solamente non avrebbe potuto fare tutto sto gran casino!”.
Faccio fatica a respirare e non è un postumo dell’intervento alle coronarie:
“E…che cosa si può fare per uscire da questa situazione?”
La risposta è alquanto inquietante:
“Io avevo proposto di far fuori tutti e nove questi sosia e per due avevo già provveduto con un killer di origine albanese che mi aveva risolto almeno altre due questioni scabrose, ma con gli altri c’è stato lo stop, nessuno vuole rinunciare al suo, a cominciare dalla lega. Si mormora che senza il sosia leghista di Berlusconi il federalismo e la pulizia etnica di extra comunitari e meridionali rischino una clamorosa bocciatura. Sembra addirittura che si vogliano inventare un sosia di Berlusconi meridionalista…”
Mi ritrovo a rigirarmi nel letto avvolto nel pensiero dei sosia e di Berlusconi che si fa trapiantare una capigliatura alla Gramsci.
Mio caro parente X,Y, se sei venuto veramente a farmi visita in clinica, ti sarei davvero grato se mi scrivessi due righe per ricordarmi di che cosa avremmo parlato. Se, invece, questa visita è stata solo un sogno-incubo scrivimi ugualmente due righe per smentire quanto ho scritto. E non ti nascondere dietro il segreto professionale, so di certo che sei in pensione da almeno due anni.