Park on hystory ovvero Storia ragionata di un parcheggio s-ragionato

Attenzione “Park on Hystory” non è inglese. Si scrive “history” se si vuole indicare una storia. Quindi quest’articolo, sin dal titolo, inizia dall’individuazione di un errore di comunicazione.

Oggi la nostra Penisola è percorsa da 830 mila chilometri di strade, su cui si compiono 81 milioni di viaggi all’anno (dati 2002), per il 66% in auto. Su queste strade sono disseminati dodici milioni di cartelli, uno ogni settanta metri, nel migliore dei casi. Cartelli di avvertenza, di pericolo, di direzione; cartelli che segnalano, magari, cantieri rimossi, ostacoli scomparsi, o che impongono 10 km/h di velocità massima; cartelli tondi, rettangolari, triangolari, blu, verdi, bianchi, marroni, rossi, gialli; cartelli essenziali per la nostra incolumità, ed anche cartelli inutili, dimenticati, danneggiati, illeggibili. Un segnale ogni settanta metri significa, alla velocità di appena cinquanta chilometri all’ora, un segnale ogni cinque secondi. Ogni cinque secondi l’attenzione del guidatore è tenuta a individuare, riconoscere, capire e rispettare un obbligo, un’imposizione, un divieto, una possibilità.

(fonte: https://www.museoauto.it/website/images/stories/articoli/varie/segnaletica_stradale.pdf)

Voglio partire proprio dalla “possibilità” che viene generata dalla segnaletica stradale. La possibilità è la scommessa, il rischio, l’inaspettato, ma può anche essere vista come opportunità di nuove scoperte e conoscenze.

L’occasione per questa riflessione è data dall’inaugurazione del nuovo parcheggio nell’area archeologica di Roca Vecchia (Le) su cui sovraintende la Soprintendenza, amministra il Comune di Melendugno e ricerca l’Università del Salento. Il parcheggio, quale componente dell’urbanistica, ha una storia relativamente recente, la cui origine, nella forma che conosciamo, è assimilabile alla diffusione di mezzi di trasporto a trazione non animale.

Fino a prima della Seconda Guerra Mondiale, nel Salento, così come in molte altre zone del pianeta, il parcheggio era un’area di sosta per cavalli, asini, muli o buoi, attrezzata per rifocillare con la stessa cura sia i trainanti (animali) che i trainati (esseri umani).

http://www.0280.org/iTrainu/

L’automobile ha sostituito il fieno con i derivati del petrolio ad alta potenza, così come le ruote hanno esteso – e velocizzato – le zampe.

Essendo il nuovo parcheggio in un’area critica del Salento, allora è necessario approfondire, seppur serfando online,  come si presenta la storia archeologia di Roca Vecchia.

Queste acque, tuttavia, non sono solo una meta turistica; sono anche custodi di antiche memorie che l’archeologia ha pian piano riportato alla luce. Rocca Vecchia vede un’altissima frequentazione tra il periodo del Bronzo e il XVI secolo d.C., quando gli studiosi parlano di un incendio che distrusse il sito. Al Bronzo Medio (fine XVII a.C.), risalgono delle fortificazioni, situate lungo l’istmo che collega la penisola alla terraferma e che hanno protetto l’insediamento per tutta la durata del periodo in questione, contraddistinguendolo.

(fonte: http://www.lapiazzamagazine.com/appuntamento-larcheologia-roca-vecchia-storia-leggenda/)

Guardando dal satellite l’area interessata possiamo notare che siamo in una zona dove, una volta parcheggiato, non trovo molti elementi urbani, ma piuttosto un paesaggio naturale di “struggente” bellezza. Quella bellezza che ha mosso la curiosità di poeti, intellettuali e scienziati che hanno rimagliato l’identità di una geografia favorevole (insenatura naturale) e di una storia altanelante tra guerra e pace.

Secondo una ricostruzione scientifica, 3500 anni fa, l’area di Roca Vecchia doveva apparire come nella figura seguente.

In sostanza, il parcheggio risulta situato sulle mura ciclopiche che costituivano la fortificazione della cittadella di Roca.

Di questo, il parcheggiante, credo, debba essere informato.

Per il momento, il cartello apparso nel parcheggio è il seguente.

Analizzando questo “segnale pubblico”, con la lente del “way finding” possiamo intercettare alcuni “elementi visivi” che riflettono lo stato di salute di chi sovraintende, amministra e ricerca Roca Vecchia.

Partendo da sinistra, dove campeggia la P di Parcheggio, notiamo che si è applicata una scelta “al divieto” che confonde il parcheggiante.

Sotto la P sono indicati, con i vigenti segnali di divieto, i mezzi che NON possono parcheggiare, lasciando al parcheggiatore la deduzione di poter parcheggiare SOLTANTO se sta guidando un’automobile.

Questo scelta “al divieto” crea confusione nel parcheggiante, infatti ecco che già il giorno dopo troviamo parcheggiato un camperista, nonostante il divieto.

La soluzione più semplice, ossia indicare che il parcheggio è permesso SOLO alle automobili, non è stata evidentemente contemplata.

Cercare le ragioni di questa scelta può aiutare a misurare la profondità d’interesse che l’area archeologica emette nei confronti degli attori principali (Sopraintendenza, Comune, Università).

Probabilmente i divieti di parcheggio per camperisti, viaggi organizzati in pulman e camionisti, sono imposti dall’organo che sovraintende l’area, valutando l’impatto di mezzi pesanti con il sottosuolo – dove sono sepolte le mura ciclopiche – inadeguato.

Tre divieti in cambio di un permesso.

L’amministrazione comunale, con il logo che capeggia sulla P, è consapevole delle criticità dell’area archeologica, almeno quanto lo sono io, grazie agli insegnamenti ereditati dai maestri Mimmo Pagliara e Gino Santoro, con i quali ho condiviso lunghi pomeriggi dentro e nei paraggi di Roca Vecchia.

Tre divieti in cambio di un permesso. Sono parole che ritornano. Riassumono l’epopea dell’Università nel riportare alla luce un pezzo di identità che era stato sepolto dalla terra ma tenuto in vita dal teatro e dalla Chiesa.

Quasi a rifarsi sui malvoluti nel parcheggio (camperisti, viaggiatori in pulmann e camionisti), i due terzi del cartellone sono occupati dal testo (italiano/inglese) e da due immagini a rappresentazione della profondità di interesse verso l’area archeologica.

Le due figure sono il risultato della ricerca su Google Immagini, sezione Clip Art, della parola “archeologo“. Provare per credere: clicca qui!

Con buona probabilità la ricerca ha interessato anche il termine “archeologia” ma i risultati di Google Immagini, sezione Clip Art, sono stati scartati per via di una certa complessità visiva di non facile “impaginazione”.

Provare per credere: clicca qui!

Riprendiamo il cartello per individuare meglio il processo creativo legato a questo segnale pubblico.

Il concetto di “archeologo” permette di giustificare, concettualmente e graficamente, il testo, ma esprime soprattuto un interesse latente verso la figura stessa dell’archeologo, qui visto come “una giovane archeologa” e come “un piccolo archeologo”.

Le intenzioni sembrano essere buone, di speranza verso un futuro di giovani che si dedicano all’archeologia, ma appaiono molto lontane da come Getty Image rappresenta il bambino che pretende di essere un’archeologo.

 

Boy pretending to be scientist at home

 

Nel cartellone, la speranza è evidenziata dalle parole “contribuirai alle ricerche e alla valorizzazione dell’area archeologica“. Frase che tradotta in inglese diventa un boomerang di marketing, perchè il tempo al futuro “you will contribute” poco si addice all’azione al presente (sto pagando “adesso”) che nella testa anglo-americana suona più di vuoto che di pienezza d’intenzioni.

Questo perchè il parcheggiante vuole sapere COME contribuirà alle ricerche e alla valorizzazione visto che, parcheggiando l’auto, ne è stato coinvolto.

Una possibile direzione del COME investire i fondi raccolti in questo “esperimento” di crowfounding pubblico, rispetto alla valorizzazione dell’area, può essere indicata da qualche giovane scultore delle Belle Arti pugliesi, che mettendo insieme la dimensione ciclopica delle mura (25 metri di larghezza per 10 di altezza) e la rappresentazione monumentale potrebbe tirar fuori un progetto di installazione urbana come il seguente (tanto per dare l’idea a chi transita su quel pezzo della SP366 che si trova proprio dentro le mura).

Questo segno urbano, per me, sostituisce il “benvenuto” di convenzione con un “benvenuto” di sentimento e intelligenza.

Procedo quindi con sentimento e intelligenza nella progettazione del cartello pubblico del nuovo parcheggio, faccio appello al Codice della Strada e alle regole della Segnaletica Stradale Italiana (la cui storia è stata accennata proprio all’inizio di questa riflessione) nella ricerca del significato dei codici espressi da colori, segni e testi.

Essendo il parcheggio in un’area archeologica ritenuta una destinazione di interesse culturale, la norma vuole uno sfondo marrone. Inoltre il problema di parcheggiare dentro o in prossimità di località ritenute un bene culturale pubblico è risolto con un segnale ben preciso denominato Parcheggio di scambio in corrispondenza di itinerari turistici od escursionistici a piedi, come indicato nel Codice della Strada, Figura II 371, Art. 136.

La norma chiede anche, in caso di parcheggio a pagamento, l’indicazione della tariffa e delle fasce orarie. Indicazione che manca nel cartello in questione.

 

 

La scelta della tariffa oraria è sicuramente una questione delicata che richiede altra sede per essere coerentemente valutata, ma in questo caso speciale provo a dare delle indicazioni a supporto della volontà di sperare in un’investimento in ricerca e valorizzazione di Roca Vecchia.

Proviamo a fare qualche semplice calcolo, tanto per avere un’idea dell’ordine di grandezza del possibile nuovo denaro che dalle casse del Comune dovrà transitare verso ricercatori e valorizzatori.

Ipotizziamo 100 auto al giorno x 10 ore al giorno x 1 euro all’ora, il risultato è 1000 euro al giorno incassate dalla colonnina in monetine.

Stimando a 60 giorni il pienone estivo, la somma a disposizione è di 60.000 euro. Ora, indipendentemente dal risultato fin qui approssimato, le nuove norme della Società dell’Informazione, declinate sulla Pubblica Amministrazione, impongono innanzitutto il concetto di Trasparenza dei flussi di informazione (denaro incluso).

Una bella soluzione sarebbe avere uno schermo a led, come quello nelle farmacie, su cui è indicata la somma racconta. Questo diventa una leva percettiva nel marketing del territorio interessato.

Altra soluzione, attuabile con poche righe di codice nella colonnina, sarebbe stampare la somma raggiunta su ogni scontrino.

Mettendo in relazione tutte le informazioni fin qui raccolte ho provato a sintetizzare, secondo le regole della cartellonistica, il segnale del nuovo particolare parcheggio.

Con una tariffa oraria di 2,50 euro / ora la stima d’incasso salirebbe a 150mila euro da investire in un anno di ricerca e valorizzazione di Roca Vecchia.

Infine, su fondo giallo transitorio, la ricompensa che ogni strategia di crowfonding richiede per funzionare. Qui la ricompensa proposta è una visita guitata gratuita sia per chi ha parcheggiato, sia per chi attraversa la strada senza parcheggiare in quel momento.

Il parcheggiante non è stupido. Vuole sapere che sta vivendo in un “progetto pilota per finanziare la ricerca archeologica dell’Università del Salento e il way finding del Comune di Melendugno”. La soluzione è già inscritta nello smarthphone in tasca a tutti i parcheggianti.

Un semplice link ipertestuale che porta ad approfondire il progetto pilota, proprio come questo che indirizza sul portale dell’Università del Salento.

http://roca.unisalento.it/

Si, credo che la Sovrintendenza e l’Università abbiano il dovere di assistere il Comune di Melendugno nella progettazione della segnaletica di interesse artistico, culturale e turistico (way finding), soprattutto quando sono gli attori in campo.