Per una nuova geografia del Salento- ovvero il Salento spiegato ai bambini… quelli invecchiati male.

di Alessandro Santoro

Cari, bambini,

chi vi scrive è uno snob, uno che è sempre contro nella vita. Quindi diffidate da ogni parola, non credete a nulla. Chi vi scrive è livoroso, rancoroso, arrabbiato. Incazzato si può dire?

Ma si! voi bimbi di oggi, crescete rapidamente e mentre scrivo siete già adulti.

Sono contro, dunque, e quella che vi racconterò è una contro storia. La contro storia del Salento.

Il Salento è la terra in cui sono nato.

Il Salento è un pezzetto di terra in mezzo al tutto.

Sino a pochi anni fa in pochi avrebbero potuto raccontarne. Oggi sono tutti esperti di Salento.

Ma esperti di cosa?

Di false tradizioni? Falsi miti? Falsità su falsità?

Andiamo con ordine.

Facciamo uno sforzo di immaginazione, chiudiamo gli occhi e proviamo a dimenticare il quadretto folcloristico che dipinge il Salento come terra di mare, contadini baciati dal sole, tamburelli ed estati lunghe e festose e giochiamo a descrivere il Salento senza la confezione.

Il Salento è un piccolo regno isolato. L’autostrada, le ferrovie, i porti e gli aeroporti sono oggi, nel 2017, grosso modo gli stessi di 70 anni fa. Nonostante il cemento non abbia risparmiato nessun angolo dela penisoletta, la presunta inadeguatezza infrastrutturale serve a giustificare continui ampliamenti, appalti, subappalti, cantieri, canterini che aprono e chiudono con modalità schizofrenica. Le rotonde gigantesche costruite nel bel mezzo del nulla sono moderni dolmen che la società contemporanea donerà ai posteri.

Il Salento stesso non è un’entità geografica definibile, i suoi confini sono mobili, si allargano spontaneamente. Una forma di auto colonialismo indotto.

Fino a qualche anno fa nessuno diceva di esser parte del Salento. Oggi, ogni paese a sud di Bari, si autoproclama salentino. Anche perché, d’estate, quando giungono i turisti chiedono:

  • siamo in Salento? (il turista dice in Salento, non nel Salento)

Una risposta negativa implica la fuga del turista.

Si prevede che entro fine decennio la Capitanata cambierà nome in Capitanata del Salento. Entro la fine del secolo Bolzano sarà in provincia di Lecce.

Per comodità proveremo comunque ad indicare alcuni confini fisici che possano delimitare il territorio salentino.

Il Salento confina a Nord con la centrale a carbone dell’Enel a Cerano, a Ovest con gli impianti siderurgici dell’ex ILVA di Taranto, a sud con i Cementifici e le discariche abusive di materiali tossici sversati per anni dalle mafie di mezza Europa e ad Est con le trivelle, e i prossimi venturi tubi del gas Azero meglio noti come TAP che attraverseranno il canale d’Otranto per immettersi in una mega centrale di depressurizzazione.

Il Salento è un terra stritolata da ogni genere di nocività.

La tipica macchia mediterranea, negli anni, è divenuta più omogenea. All’alternarsi di specie vegetali arbustive si è andata sostituendo il tipico panorama carbonizzato.

I continui incendi dolosi hanno conferito al Salento una colorazione grigiastra ed un particolare odore di arrosto misto.

In mezzo distese di terre abbandonate, lasciate all’incuria ed alla devastazione.

Ulivi rubati e rivenduti, muretti a secco divelti, masserie trasformate in golf club, resort di lusso, spa, antiche colture soppiantate da più redditizie monocolture estensive.  In Salento si sperimentano ogni genere di intrugli chimici, diserbanti e veleni. La manodopera è ridotta in schiavitù perlopiù stagionale.

Dimenticate dunque il bel contadino che con l’ape car, al mattino, scorrazzava felice tra le stradine bianche che costeggiavano le miriadi di appezzamenti di terreno. Oggi i pomodori vengono raccolti da invisibili esseri umani che lavorano sotto il sole cocente fino a morire

Questo il turista non lo vede. Intento com’è a divertirsi.

E se lo vede si imbastiscono campagne a sfondo razzista al grido: l’extracomunitario ci ruba il lavoro!

L’industria più feconda nel Salento è il divertimentificio.

Produzione costante di paccottiglie volte a nascondere ogni sorta di nocività.

Sagre, feste in spiaggia, feste patronali, villaggi turistici, parchi tematici…

Nel Salento le cicale si stanno suicidando e le lucciole si sono, già da tempo, spente. Nel Salento il silenzio fa paura.

I venditori ambulanti giungono da ogni parte del mondo per vendere un pezzo di Salento nel Salento. Sulle bancarelle è finito tutto il Salento.

I pittoreschi paeselli del Salento sono diventati i set ideali per nuovi “Truman show”. Ristrutturati come presepi si ammirano per come non sono mai stati.

Ogni cittadino è comparsa di se stesso.

Borghi che una settimana sono messapici, un’altra medievali, o rinascimentali o futuristi, a seconda della tematicità della festa. Il turista non vede il museo semplice ma l’ecomuseo diffuso delle tradizioni polorari contadine e del muretto a secco, della dignità contadina e della narrazione meridionale……

Come nei migliori set cinematografici, in questi paesi, d’estate si imbandisce lo spettacolo, in inverno è tutto chiuso per assenza di figuranti.

Nel salento, d’estate, la popolazione è in costante crescita. In inverno in costante decrescita.

La delinquenza, nel Salento fa affari d’oro ovviamente, dalla gestione dei rifiuti alla droga, dalla “protezione” degli esercizi commerciali agli appalti, dallo sfruttamento all’usura, la Sacra Corona è la prima azienda di tutto il Salento. Per le strade del Salento si vende talmente tanto sesso esotico ad ogni ora del giorno che, oramai, non basta più abbassare lo sguardo.

Cazzo, verrebbe da dire, che quadro a tinte fosche! Però avete la cultura!

La cultura è ridotta ad orde di disperati che si accapigliano per spartirsi le briciole messe a disposizione di fantomatici bandi.

Briciole dispensate da banditi in abiti funzionari che, nel Salento, sono assorti a imperatori intoccabili.

Il funzionario è dio. I sindaci, i presidenti, gli assessori, i consiglieri passano, loro rimangono, come re senza trono.

Fanno e disfano, imbandiscono e distribuiscono. Assumono e desumono. Nel salento devi essere amico degli amici.

Famosissimo il detto dialettale: – ‘a mie ce me tocca?’ In italiano: cosa mi dai in cambio?

La politica è, come in molti paesi moderni, un teatrino volto a coprire goffamente gli affari, quelli grossi.

E mentre si parla di partecipazione, reti di cittadini, comuni virtuosi, bandi cultura, biblioteche civiche, smart city,  ecc ecc. dietro si vende l’ultimo brandello di territorio.

Basti pensare alla vicenda TAP, la multinazionale del gas, che a fronte delle proteste delle comunità locali al suo mega progetto che fa? Bandisce concorsi volti a finanziare non meglio precisate attività culturali!

Ovazione.

I giornali storici locali, un tempo tribune intellettuali, luoghi di confronto tra posizioni spesso agli antipodi, specchio del fermento sociale e culturale che cercava di scardinare i tradizionali rapporti di potere, sono diventati giornaletti al soldo dei potenti, elenco di una triste disfatta, di chi ha ormai piegato il capo alle leggi di mercato. Vende dunque si pubblica.

Molti giornalisti non firmano gli articoli. Mettono la sigla. Molti giornalisti, nel Salento, sono i famosi genitori della dicitura: figli di nn.

Il Salento cari bambini è, anzi era, altro.

E non sarò io a spiegarvi cosa era.

Se cercate bene scoprirete che quello che cantate non esiste, quello che ballate è falso, quello che raccontate non è mai accaduto.

Ma non disperate perché la storia del Salento è ancora più ricca e affascinante e se seguite le briciole rimaste forse giungerete a qualche reperto.

Troverete i racconti di Rina e Gino, le musiche dei contadini e le poesie di Vittorio, gli strazianti discanti di Carmelo e i gracidanti muretti di Roca. Ma dovete sporcarvi le unghie, spostare i paraventi, scostare i pifferai magici, diffidare di chi vi parla di cultura mentre vi vende il biglietto di ingresso.

Non sarà facile, ma io sono fiducioso cari bambini. Perché peggio di così c’è solo l’oggi.

E meglio di oggi  ci può essere solo il domani. Basta volerlo no?

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