LA DEMOCRAZIA DIRETTA SPIEGATA FACILE FACILE. di A. Santoro

In questi ultimi mesi ho avuto una sorta di crisi esistenziale da democrazia diretta. Queste due parole mi hanno perseguitato nei sogni ed ho iniziato ad associare, nella mia mente, immagini nient’affatto tranquillizzanti.

Ho rispolverato un po’ di vecchi manuali di storia per capire se i miei sogni, talvolta incubi, fossero così assurdi come mi apparivano.

Che diamine è la democrazia diretta?

Superate le acutissime disamine, che come un coro greco, echeggiano praticamente ovunque, ogniqualvolta apri un giornale, un tg, sfogli sulla tazza del gabinetto le pagine di qualche social; ti spiegano che Rousseau, che la rete, che la tecnologia e bla bla. 

Nessuno però ti dice che tutte le esperienze significative di democrazia diretta (che detta così puoi solo dire evviva, yuppie, la democrazia…) sono finite con un gran bel bagno di sangue. Nella miglior delle situazioni, espulsioni sommarie, ostracismo, persecuzioni, linciaggi di piazza stile Pilato e cose così.

Valutando la democrazia diretta al pari di altre esperienze che l’umanità ha inventato per darsi un ordine, un senso all’immane casino che ha saputo, e continua, a produrre; quell’esperienza non sembrerebbe nemmeno una delle più riuscite.

Anche la stupenda, quanto totalmente disillusa, esperienza del socialismo reale, risulterebbe più efficiente.

E’ sempre la stessa fregatura. Te la spiegano bene, sembra funzionare tutto perfettamente; almeno finché si rimane nel campo della narrazione. C’è un’idea di organizzazione, la promessa di uguaglianza (che tutti vogliono, a parole), che salvaguarda la libertà individuale e i beni comuni e poi c’è la storiella del popolo, che si fa forza di cambiamento eccecc.. va tutto bene, fino a quando qualcosa s’inceppa.

Ti ritrovi uno che spara ad un altro perché l’ha deciso il popolo attraverso strumenti di democrazia diretta. Ti ritrovi nel mezzo di una epurazione, di quelle cose che leggi sui libri di storia e tiri un sospiro di sollievo perché tanto qui, ai nostri tempi, mica può capitare di nuovo.

Vabbè, mi infilo nei mie pensieri e mi allungo in riflessioni che basta che prendi un manuale della scuola e queste cose le capisci anche da solo, o no?

Quindi per tutte le questioni su democrazia, sistemi di governo, narrazioni varie (direbbe Harari) vi rimando ad una bibliografia dettagliata che scriverò poi, o forse no… scrivetemi in privato, direttamente, che ve la scrivo direttamente, precisamente. Che si fa prima no? Anzi, direttamente, cercatevela, su internet è ancora più veloce (diretto? no! sareste dei pirla se lo credeste veramente), o fatevela leggere, magari un audiolibro, un podcast, o, ancora più direttamente, fate finta di conoscerla la storia, e che la democrazia diretta greca o sovietica o anarchica o della piccola comunità indigena di nonsodove, fino alle magnificenze della rete (puah!) sia tutta una bella storia e che funzioni tutto e nessuno viene ammazzato, torturato, esiliato, eccecc…

Mi chiedo dunque (solo io?) che vuol dire ‘diretta’?

Faccio tutta la trafila di cui sopra: apro vocabolario, trovo etimologia, cerco cose che vi risparmio e mi faccio un’idea di una roba che va da una parte ad un’altra in maniera lineare, senza intoppi. 

E cerco una serie di esempi intorno a me per figurarmi la cosa.

Guardo la luce del sole. No, non è diretta. Non lo è mai, se lo fosse moriremmo. Non è un buon esempio. Forse i miei pensieri? Nemmeno. Col cazzo che sono diretti! Roba chimica che trasforma impulsi sensoriali… altro che diretti, i pensieri, prendono percorsi che sono un gran casino.

E’ in diretta la partita che stavo guardando? Sicuramente arriva in maniera piuttosto rapida. E se confondessimo ‘diretto’ con ‘veloce’?

E’ ‘diretto’ l’atto che sto compiendo: scrivere?

Esiste uno scrittore diretto? Mi tornano in mente le lezioni sull’intreccio e mi sembra che il trucco fosse ingarbugliare la matassa il più possibile. “Romeo e Giulietta” sarebbe un capolavoro se Shakespeare fosse stato diretto? Romeo ama Giulietta. Giulietta ama Romeo. Fine! Nessun ma, nessun dubbio, nessun ripensamento.

Ma per carità! Scrivere è una mediazione di pensieri contrastanti, puttanate scritte là, rilette e cancellate, libri sfogliati ovunque, parole sottolineate che ho già dimenticato, idee che pensavo convincenti ad una più attenta lettura mi paiono proprio idiote. E poi, scrivere, è lento. Potrei scrivere meno parole, pensarle meno, pesarle meno, un post? un tweet! meglio ancora. Sarei veloce. Ma diretto?

Allora, per convincermi e frami un’idea più ampia, scriverò un algoritmo per una piattaforma di votazione online e chiederò il parere di migliaia di utenti, anzi milioni, miliardi!

Ma io non so un piffero di programmazione e men che meno ero attento quando la prof. Nonmiricordoconemmenocometichiami spiegava gli algoritmi. Copiavo direttamente ai compiti di matematica e velocemente venivo scoperto.

Dunque potrei direttamente affidarmi, fidarmi, di uno che lo faccia per me.

Certo, a questo sconosciuto, dovrei affidargli tutte le chiavi della mia casa, dei miei ricordi, dei miei pensieri, tutto i dati della mia esistenza, in fondo sono racchiusi in questa macchina che mi aiuta a scrivere. Ma io gli lascio tutto, mi fido. Non lo conosco, ma m’hanno detto che un santo uomo. Un guru, un esperto certificato.

E poi, finalmente, potrò esprimere, velocemente, la mia volontà.

Argomentandola come nelle grandi piazze ateniesi? No. Assolutamente! Così ritornerei ad essere lento e nessuno mi darebbe retta e quindi: niente argomentazioni.

Allora mi faccio fare due bei tasti grandi, dove rispondere ad una domanda, che per velocità diretta mi faccio scrivere da qualcun altro, che magari, è anche lui uno diretto e veloce e mi scrive la domanda nella maniera più diretta possibile. Semplice, perché la stupidità è un rischio troppo alto per la democrazia diretta. 

Dunque, facile facile:

Vuoi tu questo?

Si o No.

Direttamente.

Hai il 50% di possibilità di rispondere bene. E se sbagli? Pazienza. Facciamoli lavorare. Fino alla prossima chiamata.

Giungerà un messaggino sullo smartphone:

“è giunto il momento di decidere”. 

E se sarai troppo impegnato a farti i fatti tuoi, non temere, è già pronta la app che vota come voteresti tu: a cazzo.

Questa è la democrazia diretta?

Rinunciare a tutto pur di dire velocemente ciò che altri hanno deciso?

A me sembra una fregatura, a voi no?

Chissà perché ho sempre pensato che organizzare la vita delle persone, dalla famiglia agli stati, sia una cosa estremamente complessa, un’arte da affinare con il tempo e l’educazione. Già l’educazione…altro che diretta! Che avventura l’educazione! Quanti ostacoli! Quanti muri in faccia!