Lettera (rancorosa) a Tap

ovvero: fondamentali per un’allegra, serena, distesa e cordiale conversazione.

Allora Tap vuoi parlare?

E parliamone insieme!

A me piace tanto parlare Tap e a te?

Io parlo tanto sai!? Ma sono rancoroso ed anche un po’ snob, livoroso e nu picca ‘ncazzusu e non posso farci nulla.

Sai parlare dunque, Tap?

Ci diamo del tu? Del Lei? Del Voi?

Per comodità ti darò del tu. Come fai nei tuoi manifesti che ornano ogni strada, e giornale, e sito e piazzola di sosta e autobus… insomma ogni luogo. Non per confidenza, dunque, in effetti non ci siamo mai conosciuti di persona. Sei venuta in casa mia senza il mio invito e vuoi parlare con me. Va bene, dimentichiamo la scortesia e parliamo.

Prima di parlare, però, vorrei ripassare i fondamentali.

Fondamentali per un’allegra, serena, distesa e cordiale conversazione.

Primo fondamentale: per parlare occorrono almeno due interlocutori, l’emittente e il ricevente.

Tu sai tutto di me Tap. Sai dove vivo, con chi vivo, conosci il colore dei miei baffi e il volto delle mie figlie. Sai il mio mestiere e i miei gusti, leggi i miei pensieri e controlli i miei spostamenti. Probabilmente hai anche qualche mia foto. Sono quello con la giacca e la barba folta. Mi riconosci? Puoi vedere il mio profilo Facebook e sfogliare le mie pubblicazioni, puoi persino seguire il mio blog.

Cosa so io di te, Tap?

Hai un sito di un bel verde smeraldo, foto di spiagge candide, vedo che ti piacciono i tubi e che vieni da lontano. Leggo quello che vuoi fare e come lo farai, leggo che mi prometti ricchezza e benessere. Conosco il tuo acronimo e quello che si dice di te, ma non conosco il tuo volto.

Secondo fondamentale: il codice.

Per parlare dobbiamo capirci.

Che lingua parli Tap?

Io mi esprimo in Italiano ed il mio dialetto è molto variegato. Io preferisco il melendugnese di paterna memoria. Un po’ di greco e latino, una spruzzata di arabo ed albanese, un frullato di un’Europa che fu.

Tu parli Inglese? Greco? Albanese? O forse il Turco? O preferisci l’azero settentrionale? La lingua Salchuq?

Dovremo trovare un codice, sai Tap? Un codice per capirci, intendo.

Parli una lingua dolorosa. Quella dei manganelli l’abbiamo già ascoltata. Una lingua legnosa direi, ostica, decisamente una lingua che urta.

Io parlo la lingua dell’accoglienza e della pace, mi piace quella dell’Europa dei popoli e accolgo lo straniero. Nella mia terra gli stranieri sono sempre stati fratelli.

Ma tu Tap, che lingua parli? Leggo le tue pubblicità, e leggo la lingua dei tuoi addetti alla comunicazione.

Io firmo la mia lettera e i miei rappresentanti indossano la fascia tricolore, conosco i nomi di ognuno di loro e sono stati eletti tramite un voto democratico.

Tu Tap?

Terzo fondamentale: con chi parlo?

Non voglio parlare con il tuo amministratore delegato, cara Tap, non voglio neanche parlare con il tuo country manager, neanche tecnici e operai mi vanno bene.

E’ come se qualcuno venisse in casa mia per parlare con me ed io lo facessi parlare con il mio amministratore di condominio o con l’idraulico che mi sta aggiustando il water.

No Tap, non si fa cosi!

Io voglio parlare con te. Con te che hai deciso dove, come e quando aprire i rubinetti del gas. Con te che hai scelto la mia spiaggia per far riemergere il tuo tubo. Con te che hai deciso che il gas sarà il mio futuro. Con te che hai deciso il mio modello di sviluppo.

Voglio parlare con te che hai deciso per la vita mia e delle mie figlie.

Ne ho diritto?

Quarto fondamentale: mettere in comune.

Parlare, in quanto atto comunicativo, si propone lo scopo primario del “metter in comune”.

Cosa mettiamo in comune, Tap?

Io metto in comune il destino del mio territorio e il senso naturale delle cose. Metto in comune la mia terra e l’acqua e l’aria, metto in comune l’orizzonte e il cielo, gli ulivi e le pietre.

A te piace quello che metto in comune io, vero Tap?

Vuoi ballare la pizzica con noi? Vuoi venire alle nostre sagre e fare il bagno nel mare del Salento?

Cosa ci porti? Il vino ce l’abbiamo, dei soldi, dei tuoi soldi, non ci importa, i nostri pasticciotti sono famosi in tutto il mondo e di veleni per morire ne abbiamo un’infinità.

Sai cosa manca Tap? Il rispetto.

Ecco Tap, sai cosa puoi metter in comune? Un briciolo di rispetto per chi ha già dato tanto senza mai aver niente in cambio.

Mettici un briciolo di rispetto quando tratti con i miei rappresentanti a colpi di bastone, quando denigri i nostri concittadini che ti contrastano e quando sventoli le banconote con cui compri il consenso.

Vuoi parlare Tap e parliamo. Ma tu non esisti. Come faccio a parlare con te?

Scrivo sul tuo profilo Facebook? Preferisci Twitter? Mando questa mia ai giornali che sovvenzioni?

Vengo nel tuo infopoint?

E cosa trovo? Chi trovo? Mi dai le brochure? Mi rassicuri? Mi fai stendere su un lettino e mi culli cantandomi i ritornelli imparati a memoria?

“il gas è bello… il tubo è buono… “

Per parlare non basta uno slogan su sfondo mare.

Hai mai ascoltato il mare? Hai mai ascoltato il suono delle onde e il canto dei gabbiani? Il rumore delle barche dei pescatori che cavalcano le onde?

I nostri nonni andavano per mare. Spesso al largo si imbattevano nelle barche dei pescatori albanesi. Non si capivano, ma si tendevano la mano e si scambiavano il pesce.

Cicale e aragoste dai pescatori albanesi, ope e pupilli da quelli salentini.

Non parlavano la stessa lingua ma lo scambio era conveniente.

Tu vuoi parlare con me Tap, ma non esisti.

Sei una confezione piena di tante scatoline. In te si agitano e si dimenano discreti dipendenti che ben paghi. Ma non parli tu. Parli per loro tramite ed io parlo senza nessun tramite.

Vedi Tap tu non vuoi parlare, è evidente, tu vuoi rappresentare.

Ma i nostri genitori ci avevano messi in guardia da quelli come te.

“Non parlare mai con gli sconosciuti”, dicevano.

I miei genitori erano saggi. Ed io non parlo con gli sconosciuti.