Rina e Oistros. di Gino Santoro

Mancano poche settimane per il 10° anniversario della morte di Rina, ma il 2014 è anche il 40° anniversario dell’esperienza dell’Odin Teatret e dell’Oistros a Carpignano. C’è un filo robusto che unisce i due anniversari: Eugenio Barba e L’Odin volevano cambiare il teatro del mondo, l’Oistros e Rina volevano cambiare il Salento. Gli uni e gli altri avevano iniziato il percorso diversi anni prima, ma nel 1974 divenne chiara la natura del progetto che perseguivano i due gruppi: sprofondare nel passato alla ricerca di radici ancora piene di energia per conquistare un futuro dopo aver liberato il presente delle scorie sociali e culturali che ancoravano il Salento ai margini della civiltà e il teatro alla stanca riproposizione di un repertorio esangue. Insomma, la metafora dell’arco che si tende all’indietro per lanciare lontano il dardo. C’è poi un aspetto dell’attività di Rina che quel filo robusto, ma quasi invisibile ormai, ci permette di illuminare assolutamente ed è un aspetto anomalo.

Fino a allora Rina era stata insegnante, scrittrice, giornalista, ricercatrice di musica popolare e di materiali enogastronomici, sceneggiatrice, sindacalista -era segretaria del S.N.S. di Puglia-, da quell’anno fatidico farà anche l’attrice, la buffona come amava definirsi.

Seguiremo il racconto di come e perché Rina entrò nei panni di Maggi Carmela aiutandoci con alcune foto.

A Carpignano avevamo raccolto, con l’aiuto dei bambini, molto materiale sull’emigrazione, sulla pazienza dei contadini e sul tarantismo.

Ora, se osserviamo attentamente questa foto possiamo notare in alto, alle spalle della giuria (Rina Durante, Vittorio Pagano e Marcello D’andrea), denominata 1° Patrunu de Carpignano, un cartello che invita a raccogliere firme per una lettera a i consolati italiani in Svizzera dove lavoravano molti emigranti di Carpignano.

1 Festa della Mieru, Carpignano Salentino
1 Festa della Mieru, Carpignano Salentino

Il legame tra i motivi della festa recuperata dal passato coi problemi del presente sono evidenziati proprio da quel cartello.

Con lo spettacolo Emigrazione è…proponevamo una lettura straniata del problema dell’emigrazione utilizzando un insieme di giochi dei bambini: il cerchio, le bolle di sapone, vado vengo da Gerusalemme senza ridere e senza piangere, ecc. Dopo Carpignano i bambini non c’erano più. Abbandonare lo spettacolo che Eugenio Barba aveva definito “crudele”?

emigrazione è

Individuare qualcosa che sostituisse lo straniamento garantito dalla presenza dei giochi di bambini? Fu allora che Rina inventò il personaggio di Maggi Carmela. Una vecchia stralunata che vagava sulla scena con dentro una cassetta di legno l’attrezzatura della terapia domiciliare del tarantismo. Con quella pretendeva di guarire i mali prodotti dall’emigrazione. Idea straordinaria e, tuttavia, irrealizzabile a meno che non si trovava un’attrice talmente brava da ‘riempire’ un personaggio così anomalo. Oppure…Oppure la stessa Rina non s’infilasse ai piedi gli scarponi di Maggi Carmela. Rina non ne voleva sapere. Ma una sera si presentò alle ‘prove’ con le solite tra paginette di battute della Maggi Carmela e una cassetta di legno. Andò nel bagno e si ripresentò in sottoveste bianca, gli e scarponi e il violino. Aveva deciso di essere la Maggi Carmela. Nessuna delle ragazze che avevano ‘tentato’ il personaggio della Maggi Carmela si sentì espropriata. Rina non interpretava, era la Maggi Carmela. Quando Alessandro D’Amico vide lo spettacolo in una ex fabbrica della zona industriale di Lece disse che Rina gli ricordava la Duse. Rina lo prese in parola e da quel momento un po’ per scherzo, un poco per davvero volle chiamarsi Duranduse Caterina e proseguiva: “senza bere non cammina”. Una mignon di vecchia romagna era il suo carburante prima di cominciare il suo vagare sulla scena.

Ecco due pagine manoscritte del dialogo di Maggi Carmela con Cristina Ria

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Con Emigrazione è… attraversammo le terre dell’emigrazione. Arrivammo fino a L’Aquila dove un pubblico in gran parte di stranieri rimase letteralmente incantato. Ma la tappa più inquietante fu Taranto. La biblioteca dell’Italsider dove alla fine dello spettacolo una signora ci ferì con queste parole: “Mio marito è stato emigrante in Germania. Poi è tornato e con le raccomandazioni è entrato qua dentro, all’Italsider; cioè è emigrato all’inferno.”. Rina commentò: se è vero quello che dice quella donna l’inferno l’Italsider ingoierà Taranto e poi tutta la Puglia. E poi, poi…non fatemi pensare!

rina anna giuliano
Rina Durante e Giuliano Capapni

Quando scrisse il racconto che pubblichiamo qui, forse pensava alle storie di quella sera nella biblioteca dell’Italsider di Taranto che parevano provenire davvero dall’inferno.

Di quell’esperienza Rina parlò al convegno nazionale di Palmi (9 – 11 maggio 1975) e pubblicò una versione del post testo di Emigrazione è…sulla rivista del Sindacato Nazionale Scrittori.

Possiamo considerare questi materiali il ‘laboratorio’ del racconto di Rina “Luce” escluso dal volume Gli amorosi sensi?

Il titolo che avevamo scelto con Rina era Vite superflue e quel racconto doveva essere il ‘cuore’ del volume. E’ giusto che i lettori lo conoscano e ne apprezzino la leggera densità.

Gino Santoro