“Ciao”… Una parola che nel mio vocabolario è scritta in fondo all’ultima pagina, a caratteri molto piccoli, ferma lì a prendere polvere in attesa di essere usata. Quando cammino per la strada e incontro persone che conosco, si girano dall’altra parte e fanno finta di non avermi vista. Allora, perché dovrei salutare, io? Perché dovrei mettere in imbarazzo me e loro? Gli adulti mi considerano asociale… Ma cosa ci posso fare io se i miei coetanei mi ignorano? La ricreazione la passo seduta al mio banco, scrivo, disegno… Sto tanto bene da sola a fare le mie cose e gli altri stanno tanto bene a parlare tra loro, senza di me… o a parlare di me! Poi però, c’è sempre un professore che mi dice di alzarmi, di stare con i miei compagni e, se dico di no, inizia a credere che mi sia successo qualcosa che mi fa star male o che qualcuno mi abbia detto qualcosa di sgradevole, quindi sono costretta ad alzarmi e a stare con gli altri e gli altri sono costretti a stare con me. Ma perché devo essere costretta a stare con persone che sparlano alle mie spalle? Perché? I professori credono che io abbia una specie di problema, credono che io sia introversa… Magari un po’ lo sono, ma non tanto quanto dicono loro. I miei genitori dicono che ho pochi amici perché non voglio conoscere nuova gente, ma non è per niente così. Ho pochi amici per scelta, preferisco avere pochi amici, ma che siano veri e sinceri, piuttosto che avere tanti amici falsi e bugiardi. Quando conosco una persona mi accorgo subito che tipo è, e decido se può essere mio amico o meno… Perché non posso essere libera di scegliere le mie amicizie senza sentirmi dire sempre che sono asociale, che sono introversa, che non so relazionarmi con gli altri…?! Davvero non riesco a sopportarlo. Sbaglio a scegliere le mie amicizie? Sbaglio a tenermi alla larga da persone che non mi sopportano? Sbaglio? Forse si… Ma voglio fare i miei sbagli, voglio decidere io se è sbagliato o meno. Tutti voi, professori, genitori, parenti… Vorrei che mi vedeste quando sono nell’Associazione in cui studio musica. Vorrei tanto che vedeste l’asociale che aiuta i bambini che hanno paura di suonare in pubblico, come se fossero suoi fratelli, vorrei che vedeste l’ introversa che parla con i nuovi arrivati, che si sentono in imbarazzo, per metterli a loro agio, vorrei che vedeste la ragazza che non sa relazionarsi con gli altri che parla, ride e scherza con gli insegnanti anche fuori dall’orario di lezione, vorrei tanto dimostrarvi che io so relazionarmi, ma con chi voglio io… Vorrei dimostrativi che non è colpa mia se sono così… Se gli altri non mi danno l’ opportunità di esprimermi è colpa mia? Se gli altri si fermano alle apparenze è colpa mia? Se gli altri non mi accettano, se non seguo la moda, è colpa mia? Vorrei tanto che rispondeste a queste domande. Non è che sono una persona “normale” solo se sono tra quelle quattro mura a suonare, è che lì siamo tutti uniti: uniti dalla musica. Lì gli insegnanti non corrono a conclusioni affrettate quando succede qualcosa, gli allievi tra di loro si aiutano, nessuno sparla di nessuno, se qualcuno è in difficoltà lo si aiuta tutti insieme. Noi siamo una famiglia, una grande famiglia; siamo noi stessi musica, la nostra musica. Ognuno di noi è una piccola nota musicale, ma se non c’è la chiave di violino ad unirci, la musica non potrà mai venir fuori. Noi siamo musica vera, musica che resta.