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PICCOLI PROFUGHI

narrazioni di esclusioni e accoglienze

Alessandro Santoro
Edison Duraj

14x21cm, pagg. 232, 2011

ISBN 978-88-906745-0-1

17 € SCONTO 20% (Spedizione gratuita in Italia)

14 €

Scarica le prime 20 pagine


Abstract

Piccoli Profughi - narrazioni di esclusioni e accoglienze racconta la storia vera dell’amicizia tra i due autori, Alessandro Santoro, regista teatrale, e Edison Duraj profugo albanese con un nome importante. Il libro presenta come in uno spettacolo teatrale il dialogo tra i due protagonisti ed apre al lettore i diari di bordo che li hanno accompagnati dal loro primo incontro nella Scuola Media “A. Galateo” di Lecce nel 2005 fino al ritorno di Edison in Albania per il capodanno del 2008 con al seguito una troupe cinematografica. Tre anni in cui le vite di Alessandro ed Edison si intrecciano tra i sogni, le speranze e la dura realtà di un ritorno in un’Italia impreparata per l’accoglienza ed ostinata all’esclusione sociale.

  EstOvest - RAI3 - di Raffaele Gorgoni (dal minuto 10:48)


Terre d'Oriente - TeleRama - di Giuliana Coppola


Castello di Otranto - Rita Bortone


Castello di Otranto - rettore prof. Domenico Laforgia














Reviewed by

/ PaeseNuovo 17/02

Serenella Pascali / Piccoli profughi alla ricerca della casa vera.

Più di un racconto a due voci è un vero e proprio racconto corale “Piccoli profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze", un percorso che si snoda attraverso le voci di Alessandro Santoro e Edison Duraj. Un diario dell'intimità di un'amicizia attraversata dalla storia dura e bella di chi, come Edison decide di attraversare, a soli 9 anni e con le sue scarpe nuove, le acque dell'Adriatico, lasciando quella parte sud-occidentale della penisola balcanica, l'Albania, per approdare nel Canale d'Otranto. Una storia che riprende, nella sua originalità, le vite di tanti viaggi e di tanti approdi e che ripercorre all'indietro le tappe di molti passaggi: quello di una provincia quasi ignota che negli anni novanta rimbalza agli onori delle cronache, affermandosi come “terra di solidarietà” (e da allora nulla sarà più come prima); il passaggio dall'età infantile (ufficialmente Edison al suo arrivo in Italia è un “minore straniero non accompagnato”) alla gioventù; il percorso di due identità segnate per sempre da un'esperienza solidale che fa traghettare entrambi su sponde inimmaginabili solo all'inizio di questo cammino. E il cammino ha inizio nel 1997 quando Edison Duraj, sbarcato da poco sulle coste del Canale d'Otranto, viene accolto in un centro residenziale di Lecce e comincia a frequentare la scuola e il laboratorio teatrale tenuto da Alessandro, regista teatrale presso la Scuola Media "A. Galateo" di Lecce. Un laboratorio che annulla le differenze: lingua, origini, cultura, disabilità, sono l'amalgama di una reale integrazione, costruita giorno dopo giorno, capitolo dopo capitolo, dalle volontà dei due protagonisti, dalle loro braccia come dalle loro voci, dall'estro e dalla costante capacità di riflettere su se stessi. Di più. Il teatro è la messa in scena reale della vita di Edison stesso, è la ragione che mette insieme il piccolo profugo albanese, con l'uomo che si va preparando alla vita. Nei cori delle voci che accompagnano il libro, l'eco di tante presenze: dai pensieri di Rina Durante, alla penna di Luigi Santoro, padre di Alessandro, agli appunti di viaggio del regista Mario Balsamo, instancabile occhio del ritorno in Albania. Un libro che non celebra le aberrazioni delle migrazioni, non indugia nella retorica dell'accoglienza, ma che conduce il lettore ad attraversare, con semplicità e a tratti poesia, le esclusioni e le accoglienze, lasciando intravedere sullo sfondo la bellezza difficile e pur raggiungibile della “convivialità delle differenze”.

/ Edison Duraj legge una sua poesia tratta dal libro "Piccoli Profughi"

/ Il podcast di Francesco Libetta durante la presentazione di "Piccoli Profughi" il 27 Gennaio a Koreja, Lecce

/ Leccesera

/ Qui Salento Gennaio 2012

/ Intervista a Paola Martino per Radio Popolare

/ Video presentazione "Piccoli Profughi", Stazione ICS NArdò, Sabato 3 Febbraio 2012

/ Il Paese Nuovo Domenica 5 Febbraio 2012

di Paola De Pascali

/ Le parole di dentro / blog di Mauro Marino

Capita che un "oggetto" sia immediato portatore di "tenerezza". Qui, non si tratta di "vezzeggiare", qui, la "tenerezza" è cosa concreta: seme di incontri e di relazioni che maturano nella pratica del dialogo e dell'accogliersi. La "tenerezza" sta nell'oggetto e nelle soggettività che fanno il libro. Già, il libro. È quello il testimone che giunge a noi. La "tenerazza" la trovi nella sua accurata confezione e la trovi tra i righi, che se li tocchi vengono in rilievo, come per le antiche stampe fatte con le inchiostrature dei piombi. La "tenerezza" dico, viene fuori, confusa a quelle parole e come atto generativo di quelle parole, atto che sta prima, anche prima del desiderio, nella natura stessa di chi vuol farsi protagonista di una storia. In chi da "uno" vuol farsi "due", e l'io farlo diventare un noi. Un noi largo, corale che tesse scritture e sapienze, differenti negli umori, nelle tensioni, nelle aspettative, ma capaci di trovare attraverso la "tenerezza" il viatico per l'"unità", il progetto, l'opera: il libro... È persa l'abitudine a considerare la "manifattura", la si crede cosa superflua. Cosa scontata la manualità, l'artigianalità. Cosa scontata il lavoro... Non è così. Non deve essere così! Cos'è che giunge nelle nostre mani? Perche è prezioso un libro, questo libro? Perchè in esso c'è cura. Molta cura, amore anche! Perchè in esso è contenuto un atto necessario ed è capace d'essere libro oltre la consuetudine del libro. Tenero, nella coperta di un "bel blu", col segno del pesce e le finiture grafiche che lo segnano, attraversandolo. Ecco allora che Oistros si presenta (dopo una bella edizione dedicata ai versi del giovane Carmelo Bene che ho avuto solo per pochissimo tra le mani) con questa capacità di ideazione e di "confezione", progetto altro che nella piega dell'industria sceglie le "mani". Il libro è “Piccoli Profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze”, dedicato "alla memoria di chi abita i cimiteri del mare" è firmato da Alessandro Santoro insegnante precario e regista votato al teatro sociale e da Edison Duraj, piccolo profugo albanese, sbarcato da un gommone sulle coste del Salento a 9 anni. Con loro tanti altri "facitori" quelli d'arte (Antonio Rollo autore del progetto grafico con gli illustratori Martin Petrič - che è anche tipografo!!! - e Grazia Tagliente) e quelli di scritture (Francesca Santoro, Luigi A. Santoro, Beatrice Chiantera, Mario Balsamo). Dopo il "debutto" di venerdì 27 gennaio, ai Cantieri Teatrali Koreja di Lecce, questo secondo appuntamento di presentazione dell'esperienza, fa sosta alla Stazione Ics, che rappresenta per Nardò il punto di partenza e di transito per una nuova stagione culturale e che sembra il luogo ideale per accogliere le due voci che dialogano per dodici capitoli i cui titoli sembrano ispirati a quelli del Don Chisciotte di Cervantes. Un viaggio tra le sponde dell'adriatico, ma no solo! Tutto in "Piccoli Profughi" ha una densità diversa, altra, dicevo prima, di riamndi, di sponde che si toccano... Di "tenerezza". Cos'è accogliere la voce di chi non c'è più? Portarla, renderla ancora voce, attraverso i dubbi, le interrogazioni, le paure... leggiamo da una nota che presenta il libro e l'"editore":«Come nel testo cervantiano, anche in Piccoli Profughi le storie dei protagonisti si aprono per far entrare narrazioni di altri autori; persone coinvolte nelle vicende di Edison e Alessandro, ma anche protagonisti d’interventi culturali o sociali che hanno inciso profondamente sul destino del Salento. La nuova casa editrice Oistros è nata prima di tutto per rendere leggibili le tracce del lavoro dell’Oistros nel teatro, nel processo d’integrazione dei diversi, nella riscoperta delle culture del territorio. Il gruppo fondato da Gino Santoro, su sollecitazione di Sandro D’Amico e con la guida di Giorgio Pressburger, oltre quaranta anni fa, ha svolto in questi anni un prezioso lavoro di raccordo tra la ricerca accademica e il lavoro sul campo. Basti pensare al progetto “Teatro in un territorio senza teatro” realizzato insieme all’Odin Teatret a Carpignano Salentino da giugno a ottobre del 1974 o a “Il ragno del dio che danza” da aprile a ottobre del 1981». Momenti fondanti, di semina di quello che oggi siamo! Buona lettura!

/ Gazzetta del Mezzogiorno del 27 gennaio 2012 / articolo Paola Martino

Piccoli Profughi in terra salentina

Dorina Luntraru / Con grande gioia ho cominciato a leggere

In questo mondo di incomprensioni, di agitazioni, di stress, di scioperi...sto cercando il silenzio...voglio parlare con me stessa, mi sfiorano tanti pensieri. Credo che ognuno di noi può raccontare i racconti della propria vita e metterli davanti agli occhi di tutti...che sia una vita bella, ricca oppure no. Se provassimo a cercare nelle persone che ci circondano quella parte buona, quella semplicità, potremmo riuscire ad imparare ad essere più generosi verso gli altri. La società, le persone si trasformano sempre...anche Sandro si è trasformato. Da quel ragazzo vivace, con la voglia di sapere e imparare, è diventato Alessandro Santoro, il padre di una magnifica bambina, il professore precario, regista e scrittore del suo libro “ Piccoli Profughi”. Con grande gioia ho cominciato a leggere. In Italia Sandro è parte della mia famiglia, la storia di Edison, è parte della famiglia. Abbiamo avuto modo di conoscerci e di raccontarci e mi sono sempre sentita molto vicina alla sua storia. Anch’io, come una farfalla che ha preso il volo, ho iniziato ad non accontentarmi più, il mio paese, la Romania, non mi offriva abbastanza e la voglia e la necessità di conoscere il mondo e le diverse culture era sempre più forte. Leggere “Piccoli Profughi” è stato come sentire una canzone sussurrata che mi dava i brividi, come se fossi io Edison. In alcuni passaggi del libro si parla di quel bambino triste e serio che a volte sorrideva, e mi veniva in mente il giorno in cui decisi di andare in Italia, quando io donna matura non potevo permettermi di essere triste ma dovevo sempre trovare il sorriso. Sono arrivata in Italia con uno scopo ben preciso: lavorare, aiutare le persone che mi stavano vicino. Dovevo trovare la forza di andare avanti, di continuare a vivere dopo la morte di mio marito. Qui ho trovato un forte legame, la nonna di Alessandro, una donna e maestra dal più grande valore umano, che mi ha dato affetto, ma che in pochi riescono a ricevere e a capire. Forse anche per Sandro è stata la stessa cosa, è stata una delle sue maestre di vita, a parte essere sua nonna. In questo libro ho trovato racconti di vita quotidiana che mettono in evidenza la vita di Edison e la sua storia in Italia e nonostante le difficoltà e i problemi il suo percorso è stato sempre in crescita. La grande lezione che ricevo da questo libro è che dobbiamo sempre guardare avanti, non mollare mai e avere sempre il desiderio di cercare le nostre scarpe nuove. Anche Alessandro ha cambiato sempre le sue scarpe ma adesso le ha trovate, da piccolo bambino ad un uomo maturo. Lui non fa le cose tanto per farle, lui vive con tutto se stesso le storie di tutti che siano piccoli profughi o no, si emoziona più di Edison. La famiglia di Sandro è stata un modello, fondamentale per Edison e per me, dove cattiveria ed egoismo non esistono, dove si coltiva sempre la fiducia in se stessi e nelle opportunità che la vita offre ad ognuno di noi. Non cerchiamo i valori materiali, il successo, raccogliamo invece tutte le cose belle che la vita ci regala...una delle cose più belle è leggere “PICCOLI PROFUGHI”.

Eugenio Imbriani / Per Piccoli profughi

Avrei preferito leggere questo libro in viaggio, visto l\'argomento, ma altre urgenze me lo hanno impedito; sicché Piccoli profughi si è fatto qualche giro in Europa prima di essere \"consumato\" in una poltrona di casa, al ritorno; meglio così, perché è un libro composito, estremamente ricco per la varietà delle scritture e per la quantità di mani che ci hanno lavorato. Il discorso si sviluppa su molti registri, la narrazione, il dialogo, il diario, l\'autobiografia, la poesia, l\'articolo, la saga famigliare e altro ancora; è come la messinscena di una pièce teatrale, polifonica e articolata, in cui la verità, se c\'è, e se ce n\'è una, emerge alla fine. Se è un libro di viaggio è un libro sul ritorno: il giovane Edison, albanese, sbarcato in Puglia all\'età di nove anni, torna a casa, dalla madre, dalle sorelle, dal fratellino che non ha mai visto quando ne ha diciassette, col suo passaporto nuovo e un bagaglio di esperienze che uno non avrebbe accumulato da vecchio; è un libro sul teatro, sul rappresentazione le storie; è un libro sulla scuola, sulla disabilità, sul ruolo degli adulti chiamati a confrontarsi con le differenze fisiche, intellettuali, linguistiche, culturali. Soprattutto questo libro racconta la storia di una grande amicizia tra due ragazzi, Alessandro e Edison, con sensibilità estremamente diverse, che si trovano a crescere uno accanto all\'altro, in un contesto di relazioni interessante, stimolante, e a riflettere sui loro destini e sulla loro amicizia. Edison, più piccolo, è anche più deciso, più duro, ha messo in gioco la sua infanzia e la sua vita su un gommone alla volta di Otranto, vestito di tutto punto, con le sue scarpe nuove che perderà nella corsa e nel caos che seguirà lo sbarco, armato del solo consiglio che gli abbia consegnato la madre: non dire mai la verità, inventati qualcosa; Alessandro ha felicemente dissipato un po\' del suo tempo, tra università e Erasmus, è più flessibile, poi si mette al servizio, nella scuola, di bambini disabili e stranieri, con il suo teatro, e si imbatte in Edison. Un incontro produttivo: davrà luogo a uno spettacolo teatrale, a un documentario sul nuovo incontro di Edison con i suoi parenti a Fier, un nuovo spettacolo, forse; e inoltre questo libro: pagine che invitano a comprendere gli effetti della storia sulla vita delle singole persone, in cui la migrazione non è solo un fenomeno globale, che riguarda tanti e intere popolazioni, le leggi e le istituzioni, ma viene letta come l\'esperienza di persona, ne modifica e determina il percorso di vita, tra paure, speranze, richieste di soccorso qualche volta raccolte, o delusioni e naufragi. [e. i]

Rocco Longo / Pensieri...

La Bellezza salverà il mondo. Una delle più celebri espressioni di Dostoevskij è certamente il miglior viatico per un\'umanità che stenta ri-trovarsi e che, soprattutto, annaspa nel procelloso mare di un\'indifferenza culturale che lascia sul campo molti più danni, talora irreparabili, di un conflitto armato. E l\'efficace immagine tracciata dal grande intellettuale russo è, senza dubbio alcuno, l\'anelito di un libro, di un libro concepito e scritto un bel po\' di anni dopo L\'idiota ed in un luogo diverso, di un libro immaginato e costruito essenzialmente da due persone (che ho avuto la fortuna di conoscere) che se ne fanno autori, lettori, interpreti primari. Piccoli Profughi, a ben vedere, forse non è neanche un libro: è un sussurro dell\'anima, un abbraccio benedecente, una carezza ruvida; è anche un pugno ben assestato tra le pieghe di uno spirito sovente sopito ed ignavo. Piccoli Profughi è anche un calcio nelle palle! Un libro-non-libro che inizia, sin dal sottotitolo, con il raccontare un\'antitesi: esclusioni ed accoglienze; e non credo affatto sia casuale la scelta di citare prima le esclusioni e poi le accoglienze. Una sequenza di fotogrammi che corrono, pazzi ed esaltanti, lungo il binario di un\'esistenza che, singolare o comune che voglia essere, cerca un senso nella verità e nell\'autenticità di una narrazione che si fa Bellezza verace e devastante. Alessandro ed Edison due polarità che sanno attrarre le disattenzioni e le superficialità di un mondo per restituirle al mondo stesso dopo averle destrutturate in tutta la loro amara (auto)consapevolezza. Edison ed Alessandro, più che protagonisti ed attori e prim\'ancora che scrittori, sono uomini che hanno saputo, e fortissimamente voluto, cercare la loro propria umanità, a costo di remare contro la limacciosa corrente di un perbenismo che non li vorrebbe. Che li esclude! Beninteso che cercare una smarrita umanità non è sempre trovarla. E\' lo sforzo incessante della ricerca che appaga quasi quanto l\'Eureka finale! Edison ed Alessandro sono i due occhi del medesimo sguardo, sono palpito instancabile di un respiro che vuole farsi tutt\'uno con l\'Infinito che li sovrasta. Edison ed Alessandro sono leit motiv di un\'opera. E le scarpe, epifania strana e meravigliosa di quelle nuvole che -trepidanti e mutevoli- cantano in un cielo che è ancora celeste; le scarpe sono la cifra di un racconto che è vita, che è sogno e che è incubo, che è speranza, che è singhiozzo e pianto, che è gioia liberante. E quanto avrei voluto indossarle io, quelle scarpe, per provare il dolore di un cammino ignoto negli sviluppi e nell\'esito. Edison ed Alessandro restituiscono delle emozioni con la stessa intensità di come loro stessi le hanno vissute, e lo fanno consegnandoci un linguaggio asciutto, senza fronzoli, talora perfino asettico ma che riesce a ben raccontare la sedimentazione di sensazioni ed impressioni, di eventi, di incontri. La loro narrazione è manifestazione icastica di una Bellezza che \"cola\" dalla scelta di farsi veicolo di felicità, ed è pure il paradigma del riconoscimento di una \"Diversità\" che si tramuta in essenza vitale, in comproprietà della medesima passione per la rappresentazione. Ed è proprio la \"Diversità\" il discrimine scivoloso che sostiene lo scritto su un bilico ubriacante che ammutolisce ogni accento ed ogni pensiero del lettore. Edison ed Alessandro non scrivono un libro facile e sono voci di pensieri non sempre agevoli ed incoraggianti; purtuttavia il loro lavoro si rende funzionale al tentativo di consegnare una lettura, appunto, \"diversa\" del fenomeno migratorio, meno politically correct e più espressionistica. Edison ed Alessandro sono due aquiloni che solcano il cielo per ricongiungersi alle nuvole colorate; il rocchetto che rilascia il filo è in mano a chi avrà voglia di interrogarsi, di riflettere. Di chiudere gli occhi e sognare le nuvole colorate.

Paola Martino / Una storia di esclusioni e accoglienze attraverso altre storie........

La semplice complessità si affaccia già da titolo: Piccoli profughi. Narrazioni di esclusioni e accoglienze (Alessandro Santoro, Edison Duraj, Oistros Edizioni, 2011). Perché il plurale domina e l’errare, come viaggiare senza meta o con l’unico obiettivo di allontanarsi dalla propria terra e come errore che segnala una non gradita presenza, è attaccato alla minorità dei piccoli profughi che, per essere utilizzata come forza lavoro o come organi di ricambio, pone almeno qualche problemino di etica. Il volume Piccoli profughi è firmato da due autori, Alessandro Santoro, insegnante precario e regista di teatro sociale e Edison Duraj, piccolo profugo albanese, sbarcato da un gommone sulle coste del Salento a nove anni. Due voci che dialogano per dodici capitoli i cui titoli sembrano ricalcati su quelli del Don Chisciotte di Carvantes. Come nel testo cervantiano, anche in Piccoli profughi le storie dei protagonisti si fermano per far parlare narrazioni di altri autori; persone coinvolte nelle vicende di Edison e Alessandro, protagonisti d’interventi culturali o sociali realizzati diversi anni prima dell’arrivo di Edison; nel corso dei quali era stato sperimentato il metodo dell’intervento nei meccanismi sociali attraverso lo strumento teatrale. Vengono, allora, convocati i diari dei protagonisti, i testi degli spettacoli teatrali attraverso i quali Alessandro e Edison avevano raccontato le storie di tanti piccoli profughi, gli appunti del regista del film documentario “Sognavo le nuvole colorate”, le poesie scritte da Edison, i diari dei compagni di scuola, la sceneggiatura del film e i giudizi degli esperti de la Film Commission, le storie dei ragazzi disabili del Centro AIAS di Cutrofiano e del Centro Itaca di Lecce…una schiera di umanità spinta dalle Leggi, dai pregiudizi, dagli interessi verso le pattumiere della società che invece si aggrappa a tante piccole delicate storie balbettate sulle scene delle periferie del mondo per non sprofondare nel grande silenzio dell’esclusione. Ecco allora che la storia di un bambino albanese di nove anni che buttato in mare di notte sugli scogli della costa salentina, destinato a ingrossare la schiera dei clandestini, dopo essere passato attraverso i traumi dei Centri di accoglienza, subisce una sterzata quando nella scuola media “Galateo” incontra il laboratorio teatrale condotto dalla madre di Alessandro. Il laboratorio teatrale si prolunga nella famiglia di Alessandro, in quelle dei suoi compagni di scuola, nelle attività del corso di laurea in Scienze e Tecnologie delle Arti Figurative, della Musica dello Spettacolo e della Moda dell’Università del Salento, nelle attività del Gruppo Oistros. Attraverso queste, si allarga alle esperienze di altri Don Chisciotte che coi loro sogni tentano di rimagliare le lacerazioni di una società che sembra aver perduto la bussola: a partire da Giovanna Marini a Sandro D’Amico, da Dario Fo a Carmelo Bene, da Diego Carpitella a Eugenio Barba, da Rina Durante a Luigi di Gianni, da Francesco Libetta a Franco Battiato. E’ davvero inspiegabile perché sia più facile far dialogare il disabile, il piccolo straniero immigrato, il contadino analfabeta con il grande artista che con i rappresentati delle istituzioni o con gli uomini politici! Qualche volta accade che un’istituzione riesca a mettere al centro dei suoi obiettivi il dialogo fra gli ‘ultimi’ e i ‘primi’; in questo caso, come scrive il Rettore dell’Università del Salento, Domenico Laforgia, nella Presentazione del volume: “Il libro di Edison e Sandro può essere anche questo: una specie di prontuario delle potenzialità dell’ateneo salentino; o un indice dei beni immateriali di questa terra che hanno bisogno di manutenzione, rispetto e valorizzazione; oppure ancora un piccolo manuale per lo studio dei percorsi interculturali; o, alla fine, una storia semplice che ha dato senso all’avventura di un piccolo profugo albanese.”

Antonio Rollo / Un libro davvero speciale

Il libro che avete tra le mani è speciale per almeno tre motivi. Il primo motivo è che si tratta di una storia vera raccontata attraverso le pagine dei diari personali dei protagonisti di questa vicenda che mette insieme amicizia, teatro, socialità e speranza per un futuro migliore. Il secondo motivo per cui è speciale riguarda invece la forma dei contenuti che sono organizzati come un manuale per giovani, e vecchi, insegnanti che affrontano quotidianamente situazioni di emarginazione sociale, integrazione culturale ed interazione psico fisica con l’universo dei bambini e dei ragazzi delle scuole primarie e secondarie italiane. Infine questo libro non si esaurisce con la carta stampata, ma continua a vivere sul web grazie alla possibilità di fermarsi ed approfondire la conoscenza dei personaggi e dei metodi didattici attraverso una serie di collegamenti all’archivio audiovisivo. In questo modo il libro diario, scritto nell’epoca di internet, si arricchisce di immagini, suoni e commenti che mettono in relazione la verità espressa dalla storia con la coscienza del lettore, che può, se lo vuole, entrare a farci parte.